Vampirismo e  Paura

 

La specialità del Vampiro è quella di trasmetterci paura. Anzi, per meglio dire, dosi di panico; anche piccole, non importa, l’importante è che il nostro controllo emotivo venga squilibrato. Per il Vampiro, dunque, procurarci un piccolo, anche impercettibile stato di panico è un passaggio fondamentale per aprire una fessura dalla quale esca l’energia. Per compiere quel passaggio, lui deve toccare le corde della nostra attenzione attraverso una "provocazione". Da questo si fa riconoscere. La parola chiave, dunque, è provocazione.

Spesso si tratta di cose quasi insignificanti: piccoli atti di malignità, di maleducazione, o di semplice mancanza di gentilezza, come non rispondere a una domanda o lasciar cadere nel vuoto un’osservazione o non ricambiare un saluto, o un sorriso. Atti che sono pieni di sostanza negativa, ma che, se denunciati, diventano semplici mancanze di forma. Così noi, se ci offendiamo, vuol dire che siamo formali, mentre lui, che è pratico e va al sodo, è una persona di sostanza. È un gioco perfetto: lui ha infranto certe regole in vigore tra gli esseri umani; noi, pur notando il suo comportamento, non ci siamo neanche offesi; ma se parleremo di quella circostanza faremo la figura di chi si offende.

Altre volte il Vampiro, per provocarci, può servirsi di comportamenti "originali", non convenzionali, non conformistici, e in quanto tali in grado di attirare l’attenzione di chi è originale e non conformista "dentro". Ma non bisogna farsi ingannare: il Vampiro è capace solo di "atteggiamenti", mai di sentimenti, e le sue non sono mai testimonianze esterne di profonde scelte interne; la sua è solo una manovra strategica, e dietro la sua originalità si nasconde sempre un fine molto, molto convenzionale: ottenere la nostra energia.

Noi non ci accorgiamo di certi giochi non solo perché cadiamo in una sorta di ipnosi vampirica, ma anche perché sarebbe troppo faticoso gestirli, una volta preso atto che esistono. Il guaio è che ci portano via enormi quantità di energia. Se avessimo la forza di guardare in faccia i nostri Vampiri, vedremmo le loro facce riempirsi di salute mentre applicano le loro tecniche. E se avessimo la consapevolezza di quanto sta accadendo, ci vedremmo umiliati e sconfitti, esattamente come siamo nella sostanza profonda - e non nella forma esteriore, come ci fanno credere - dei nostri rapporti con loro.

Il lavoro sulla paura ha come obiettivo la restituzione degli individui alla loro dimensione di esseri liberi e, contemporaneamente, la restrizione del campo d’azione dei Vampiri. L’obiettivo non è redimere i Vampiri: quello va considerato come il risultato assai probabile di un sistema di antitesi antivampiriche, ma non come un obiettivo morale da raggiungere; se lo fosse, infatti, lo spirito di solidarietà e di proselitismo del quale la nostra cultura è intrisa rischierebbe di trasformare l’operazione in una sorta di evangelizzazione, con il risultato di nutrire i Vampiri proprio con la nostra attenzione ‘terapeutica’ e salvifica.

Noi dobbiamo solo liberarci dalla paura e restringere il campo d’azione di chi la produce e ne approfitta. Compiuta questa operazione, il nostro compito è finito. L’importante non è avere la certezza che, da quel momento, nel mondo c’è un Vampiro in meno, ma che quel Vampiro, anche se resta tale, da quel momento ha una vittima in meno.

 

 

 

 

 

Copyright ©2003 Mario Corte