La paura è un'emozione che coinvolge tutto
l'organismo, condizionandone i meccanismi e alterandone il funzionamento.
E poco importa se il pericolo da cui ci sentiamo minacciati sia reale o
meno, perché in ogni caso la reazione a una situazione di paura produce
condizioni di tensione somatica e di confusione psicologica. La realtà
della paura non è la realtà, ma una sua rappresentazione oscura,
minacciosa, maligna, dentro la quale si fatica a organizzare la realtà e
si risponde in modo incoerente alle sollecitazioni della vita.
Di fronte alla paura l’opzione psicologica è
obbligata, coatta, unica, e corrisponde alla reazione motoria di chi è
inseguito da un’ombra mostruosa, di chi è braccato da una bestia
affamata, di chi è assediato da un nemico che non farà prigionieri:
quell’opzione è la fuga.
Ma poiché la fuga è penosa e può danneggiare la
nostra immagine, per evitare di provare Paura finiamo per mettere un’enfasi
eccessiva su particolari insignificanti, vigilando perché non si creino
situazioni ‘scomode’ e mantenendoci in un perenne stato di allarme,
come se ogni azione che si svolge al di fuori del nostro controllo potesse
essere una minaccia.
Questo stato di tensione ci tiene al laccio, indirizza
le nostre scelte, ci ricatta, spingendoci a ‘costruire’ la nostra
personalità anziché esprimerla.
Ma spesso la Paura, anziché salvare, contribuisce a
distruggere, fa scivolare nell’abisso proprio mentre si sta fuggendo. Ai
tempi delle grandi epidemie di peste, c’era solo da sperare di evitare
il contagio, altrimenti non ci sarebbe stato scampo; ma poteva capitare
che anche chi riusciva a salvarsi dal morbo morisse di ansia, di tensione,
di angoscia, come riferiscono le cronache dei secoli oscuri delle
pestilenze. La paura uccide di per sé.
E come ci insegna ancora la storia, è la Paura la
responsabile primaria della maggior parte dei conflitti, che spesso, come
scrive lo storico Jean Delumeau parlando delle grandi rivolte del passato,
non sono altro che "reazioni difensive motivate dalla paura di un
pericolo, sia esso reale, parzialmente immaginario, o totalmente
illusorio". E aggiunge: "Se questa analisi è esatta, ne deriva
che diminuire la Paura in una collettività equivale a disinnescare alcune
cariche esplosive, e ciò vale anche per il presente".
Le paure albergano soprattutto dentro di noi, dentro i
corridoi poco illuminati dei nostri traumi dell’infanzia, dei nostri
laceranti sensi di colpa. Come scrive nel 1621 Robert Burton nella sua Anatomia
della malinconia: "È la coscienza che, da sola, si comporta come
mille testimoni in grado di accusarci... Un testimone sempre disposto a
deporre, a incitare la giuria perché ci interroghi, a tormentarci, come
un persecutore pronto ad aggredirci, come un ufficiale giudiziario con
mandato di comparizione, come un funzionario di polizia delegato a
prelevarci, come un sergente pronto ad arrestarci, come un procuratore
incaricato di incolparci, come un carceriere lieto di tormentarci, come un
giudice deciso a condannarci, mai cessando di accusare, denunziare,
torturare, molestare".
Nel gennaio del 1941 Franklin Delano Roosevelt tenne un
discorso al Congresso degli Stati Uniti in cui disegnava quelli che, al
termine di un tremendo conflitto che per l’America era ancora distante
cronologicamente (sarebbe entrata in guerra un anno dopo), sarebbero stati
i fondamenti della società mondiale e le condizioni necessarie per una
pace internazionale durevole. I primi tre erano la libertà di parola,
la libertà di religione e la libertà dal bisogno. L’ultimo
era la libertà dalla paura, che diventava a pieno diritto un
obiettivo politico, civile e umano proiettato verso un’era di pace. La
libertà dalla paura era "la vera antitesi all'ordine della
tirannia", la via da seguire per il compimento dell’uomo.
La paura genera ansia, tensione, allarme continuo, ed
essi a loro volta generano il bisogno di trovare un nemico da odiare, sul
quale scaricare le tendenze aggressive, ai danni del quale ampliare il
proprio "spazio vitale", individuando contemporaneamente un
campo di sfogo delle frustrazioni, senza andare a cercarne le cause dentro
di noi.
Vivere nella paura ci fa sentire tutte le azioni più
belle e più calde come intollerabili. Se si ha paura si desidera una sola
cosa: essere lasciati in pace, far stare zitto chi minaccia quella pace,
riposarsi dalla fatica di comunicare, di sentire, di vivere, individuare
gli angoli del nostro essere dove coltivare la nostra piccola morte in
vita, e desiderare di essere lì.
Ma la peggior nemica della paura è quella parte di noi
che continua a cercare, che non si arrende, che ci dice che ovunque
andremo, in qualunque modo cercheremo, tutto andrà bene, e anche
se non sapremo dove ci porterà la lama tagliente dell’esperienza, in
qualche modo una via la troveremo. Nemica della paura è quella voce che
ci ricorda che apparteniamo al cosmo, che non esiste maniera di
dissociarsi da quell’appartenenza, e che essa, anche da sola, può farci
elevare di livello, farci vibrare a una frequenza diversa, farci librare
al di sopra dei territori desolati su cui la paura ha stabilito il suo
dominio.
Il tema di questo seminario è la Paura. Il suo scopo
è allentare la morsa della Paura e avviare un processo che consenta di
affrontare questo eterno nemico e di farlo tacere.