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Gianni Eugenio Viola
LA LINGUA ITALIANA NELL’ETÀ DELLE AVANGUARDIE
euro 15,00 - pp.200 - ISBN 88-86694-05-9

Del Futurismo, come più in generale delle avanguardie, in una bibliografia che si è fatta ricchissima, si parla di regola toccando il problema della lingua in rapporto alla creazione letteraria, ma sotto l'ottica di quest'ultima. Ciò è tanto più curioso ove si consideri che l'avanguardia si caratterizza proprio per la marcata inversione di questi termini, nel senso che sin dalle prime mosse il Futurismo - al quale è giusto storicamente riconoscere anche il merito di intervenire in maniera rilevante nel dibattito sulla lingua, assai teso negli anni antecedenti la Grande Guerra, e non solo per l'irrisolta disputa sui caratteri 'nazionali' di essa - invertì il rapporto tra arte e lingua stabilendo che non di una lingua della letteratura poteva e doveva parlarsi ma di modalità linguistiche che avrebbero fatto nascere una letteratura dell'arte nuova.

Questa identificazione tra lingua nuova e arte nuova è se mai proprio il miglior elemento distintivo delle avanguardie del Novecento, ed è la condizione alla quale - sia pure solo per l'iniziale segmento della vicenda, e solo per il versante italiano - questo studio è dedicato.

Esso comprende una prima parte incentrata sulla evoluzione dell'Italiano negli anni tra l'Unità e il nuovo secolo, una seconda sui caratteri linguistici della letteratura di viaggio di italiani dell'età unitaria, un terzo capitolo destinato a illustrare il passaggio dal nazionalismo al Futurismo e da entrambi alla lingua del fascismo (e più in generale sulle qualità e peculiarità del problema della lingua nel Futurismo e nei movimenti dell'avanguardia storica), una quarta e conclusiva destinata a illustrare come il Futurismo fu accolto dalla cronaca giornalistica romana degli anni che vanno dal primo sbarco romano di Marinetti e Boccioni (1911) fino alle soglie (1935) dell’autarchia.

 


 

 

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