I
Vampiri sono tra noi. Questo è quanto afferma, con serena
spregiudicatezza, Michele Ferrato, che alla sua prima compiuta esperienza
da narratore si misura con universi psicologici di estrema suggestione e
complessità. Sette racconti che contengono sette prove dell’esistenza
di questi mostri. Sette modi per riconoscerli, perché ogni azione, ogni
parola, ogni atteggiamento del Vampiro è funzionale a un "furto di
energia". Cioè di sangue. E la sete di sangue umano non può
sfuggire all’occhio attento di chi rifiuta di farsi preda.
Ma La vita vista da sotto non è riducibile a un
interessante esperimento di "narrativa a tema". È anche una produzione
letteraria senza etichette. Ironica ma profondamente evocativa, scritta
con una tecnica "visiva" in cui però l’acuto poetico e la
limpidezza dell’intento indagatore si fondono in maniera salda e
misurata, senza indulgere alla retorica o alla didattica.
Il Vampiro di Ferrato è un morto vivente, una nullità
che si illude di mascherare la sua vergogna raggirando o mortificando gli
altri. È qualcuno che si sente in colpa di essere com’è e che
attraverso la colpa si sintonizza sulle frequenze di demoni e streghe -
colpevoli per antonomasia - evocando dal pantano dei suoi sentimenti i
mostri dell’abisso e scatenando la loro furia, che una volta liberatasi
diviene incontrollabile.